giovedì 22 aprile 2010

Documentalità e... Fidanzate automatiche.

Dopo settimane di titubanza, mi sono finalmente deciso a dar vita a questo blog attraverso il quale spero di poter condividere esperienze di lettura. Probabilmente non riuscirò ad aggiornarlo quotidianamente, ma cercherò di scrivere almeno una volta a settimana, confidando anche negli stimoli di chi avrà la pazienza di leggere. Diversamente dal sito ioleggo.com, dove presento alcuni dei titoli che occupano gli scaffali delle mie librerie, tenterò qui di dare un resoconto delle letture più interessanti tratte da quotidiani e periodici, riferite ovviamente alla pubblicazione di libri e alle loro recensioni.

Due giorni fa ho avuto la fortuna e la sorpresa di "incrociare" nuovamente la strada di un saggio dal titolo singolare e dalle attraenti pagine...

L’articolo di Alessandro Baricco, “Filosofia degli oggetti sociali”, pubblicato martedì 20 aprile su Repubblica, presenta “Documentalità. Perché è necessario lasciare tracce” il nuovo saggio di Maurizio Ferraris, docente di filosofia teoretica presso l’Università di Torino.
La recensione di Baricco, oltre ad essere un’interessante narrazione di una esperienza di lettura, mi ha immediatamente ricordato le recenti e stimolanti pagine de “La fidanzata automatica”, dello stesso Ferraris. Il titolo dell’articolo rimanda, infatti, efficacemente a quei particolari oggetti definiti sociali, oggetto (mi sia perdonato il bisticcio) di studio, nella loro variante rappresentata dalle opere d’arte, nel saggio sopra citato.
Nel campo degli oggetti, una categoria speciale è costituita da quelli che Ferraris chiama oggetti sociali: una promessa, un debito, una recensione, un messaggio sul telefonino, un atto d’acquisto, un quadro e così via. Oggetti, sì, ma non della stessa specie della montagna o del capello: non esisterebbero se non esistessero almeno due soggetti che li suscitano, li registrano e in essi si incontrano.
Partendo dalla denuncia della forzatura kantiana, secondo la quale ciò che esiste, esiste perché noi lo percepiamo, e nei modi dettati dalla nostra percezione, Ferraris ci conduce alla scoperta di una duplice risposta all’interrogativo circa le possibilità del soggetto di controllare l’oggettività: l’esercizio della verità, da una parte (coltivato in zone protette, come la scienza, la filosofia e, forse, l’arte), e la gestione della realtà, dall’altra, attraverso un quasi-sapere superficiale ma utile, con cui ci muoviamo tutti i giorni.
Che altro dire? Una recensione non è che uno spunto offerto da un punto di vista, e non può esaurire approfonditamente tutti i temi trattati dal saggio. Chi ha apprezzato “La fidanzata automatica” non può che tornare in libreria per saperne di più.

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